Vita da Murphy

Avete presente Edward Aloysius Murphy? Sì, proprio lui: quello che ha inventato la celebre legge di Murphy, “se qualcosa può andare male, lo farà”.
Be’, ecco, io sono il suo pro-pro-pronipote, e la sua famosa sfortuna è stata tramandata per generazioni e generazioni fino ad arrivare a me.
Quando pensate di essere sfortunati, ricordatevi una mia giornata tipo:
tutte le mattine la sveglia suona, io apro gli occhi e cerco di alzarmi; la forza di gravità mi schiaccia, mi opprime, quasi a soffocarmi, e spesso rende vani gli sforzi che faccio provando a sedermi sul letto. Dopo circa dieci minuti di questa pesante agonia, scelgo un paio di pantaloni ed una felpa dal mio disordinatissimo armadio, me li infilo (per poi puntualmente accorgermi che uno dei due è al contrario) e vado in cucina. Essendo sempre in ritardo, non ho molto tempo per fare colazione: spalmo un sottile strato di burro e marmellata di fragole su una croccante fetta di pane tostato, e mi gusto il dolce odore che emana, in attesa che arrivino mia sorella o il gatto a farmela cadere addosso.
Poi, afferro la nuova cartella (ogni due/tre settimane sono costretto a ricomprarla, perché inspiegabilmente si strappa o subisce qualche altro strano incidente che la rende inutilizzabile) ed esco di corsa di casa, sbattendo in pieno contro lo stipite della porta e inciampando sui lacci sciolti delle scarpe.
Dopo aver perso due o tre autobus, riesco ad arrivare ad arrivare a scuola; i professori, ormai, sono talmente abituati ai miei ritardi che non ci fanno neanche più caso: quando entro in classe mi salutano tranquillamente e mi invitano a prendere posto in uno dei banchi liberi. Di solito, stando zitto e perfettamente immobile non succede niente, però a volte la sfortuna mi colpisce lo stesso: qualche abominevole mostro (i miei compagni li chiamano insetti, ma a me questo termine sembra molto più appropriato) comincia a svolazzarmi intorno; oppure, una ventata sparge per tutta l’aula i fogli dei miei quaderni; o, ancora, il mio astuccio prende vita e decide di tentare il suicidio lanciandosi di sotto dal banco. Ma le lezioni di chimica sono le peggiori: la professoressa ha detto che ho tutte le carte in regola per diventare uno scienziato, dato che sono riuscito a scoprire un alto numero di miscele esplosive che prima non erano considerate tali.
Gioco a calcio quattro volte alla settimana, anche se prendo più pallonate di quante io riesca a tirarne; quando il coach non è sicuro di vincere una partita, mette in campo me ed il gioco è fatto: ogni volta che mi avvicino ad un giocatore, questo commette qualche grave fallo (nel caso ve lo foste chiesti, sì, su di me) che porta poi alla sua espulsione. Passati circa dieci minuti, in campo è rimasto solo il portiere. Durante la partita contro il Belluno sono entrato a far parte dei Guinness World Records: sono ufficialmente il giocatore che ha subito più falli in una sola giornata, ben 432. Niente male come numero, eh?
Comunque, quando non gioco a calcio sto a casa e, rinchiuso nel mio studio, faccio i compiti. Ok, forse non è proprio uno studio, ma quasi: è una piccola stanzetta con le pareti, il soffitto ed il pavimento completamente rivestiti da gomma bianca, tipo quelle in cui  rinchiudono i pazzi al manicomio. Insomma, non c’è così tanta differenza, giusto?
La sera, quando è ora di cena, mi piace guardare mia madre che ci prepara da mangiare; vorrei aiutarla, ma l’ultima volta che ho provato a cucinare è finita con io che uscivo tossendo e sputacchiando, con la faccia coperta di fuliggine, da casa, mentre i pompieri cercavano di spegnere l’incendio che divampava. Dopo essermi lavato i denti ed il viso (ed aver sbattuto, accecato dal sapone  negli occhi, almeno un paio di volte il mignolo del piede allo spigolo del lavandino), mi sdraio nel mio letto e continuo per un po’ a rigirarmi, senza riuscire a prendere sonno. Di solito, quando il sole comincia timidamente a spuntare dall’orizzonte, mi sono appena addormentato.

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