Pizza alle interiora

È sera. Intorno a noi solo silenzio. Il fuoco brilla nel buio della notte, gettando dei bagliori aranciati sulla candida neve che ci circonda. La Luna splende pallida nel cielo, illuminando il grande lago ghiacciato davanti a noi; la superficie del gelido specchio d’acqua è perfettamente immobile.
Assaporo il trancio di pizza margherita che ho in mano e mi giro verso Ben, sorridendogli; lui ricambia il mio sorriso, e non posso fare a meno di notare quanto sia bello: ha gli occhi grandi, color miele, che trasmettono un grande senso di sicurezza e tranquillità, un grazioso naso coperto di lentiggini, labbra rosee e carnose ed una folta cascata di ricci castani.
Si avvicina a me, mi accarezza lentamente i lunghi capelli biondi e mi bacia dolcemente.
«Ti amo».
Do un ultimo morso alla pizza e osservo il mio respiro che condensa e si disperde nell’aria. Poi mi giro verso di lui e mi avvicino:
«Anche io» gli sussurro all’orecchio, mentre estraggo silenziosamente dalla manica della mia tuta da sci il coltello e glielo conficco nella schiena.
Vedo i suoi occhi spalancarsi impauriti; boccheggia, tentando di dire qualcosa, e poi cade a terra. Il sangue che sgorga dalla ferita tinge la neve di vermiglio, ma non se ne accorgerà nessuno.
Mi carico il cadavere sulle spalle, raccolgo il telo su cui abbiamo mangiato, spengo il fuoco e salgo le scale di legno della mia piccola baita; entro nella cucina, poggio tutto sul tavolo e spalanco la botola nascosta che porta al mio laboratorio. Trascino il corpo inerme giù, lo poso sul bancone di cemento al centro del piccolo locale e recupero il bisturi, per procedere con lo sventramento.
Getto una rapida occhiata al freezer e sorrido compiaciuta: a breve avrò finalmente accumulato abbastanza organi per poter aprire l’ospedale che ho sempre desiderato e curare le persone che hanno bisogno di un trapianto di interiora.
Altre due o tre vittime e sarà perfetto.

Immagine di copertina: https://images.app.goo.gl/kDqd4rB6FgmCAup38

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